E’ stato dimostrato che i beta–bloccanti sono in grado di ridurre il rischio cardiovascolare nei pazienti con ipertensione e diabete mellito di tipo 2.
Tuttavia i beta-bloccanti possono peggiorare alcuni parametri della sindrome metabolica.
Lo studio GEMINI ( Glycemic Effects in Diabetes Mellitus: Carvedilol–Metoprolol Comparison in Hypertensives ) ha confrontato gli effetti di due beta-bloccanti con differenti profili farmacologici sul controllo glicemico e sul controllo metabolico tra i pazienti con ipertensione e diabete mellito di tipo 2, trattati con un bloccante il sistema renina angiotensina.
I 1235 partecipanti avevano un’età compresa tra i 36 e gli 85 anni, con valori pressori superiori a 130/80 mmHg e diabete mellito di tipo 2 con valori di emoglobina glicosilata ( HbA1c ) compresi tra 6,5% ed 8,5%.
Il periodo di follow-up è stato di 35 settimane.
I pazienti sono stati assegnati in modo random a ricevere 6,25–25 mg/die di Carvedilolo ( n = 498 ) o 50-200 mg di Metoprololo ( n = 737 ), due volte al giorno.
In caso di necessità, per raggiungere l’obiettivo pressorio, i pazienti potevano assumere Idroclorotiazide ed un calcioantagonista diidropiridinico.
I valori medi di emoglobina glicosilata sono aumentati con il Metoprololo ( 0,15% ; p=0,004 ), ma non con il Carvedilolo ( 0,02%).
La sensibilità all’insulina è migliorata con il Carvedilolo ( - 9,1%; p = 0,004 ) ma non con il Metoprololo ( - 2% ).
La pressione sanguigna è risultata simile tra i due gruppi.
La progressione alla microalbuminuria è risultata meno frequente con il Carvedilolo che con il Metoprololo ( 6,4% versus 10,3%: odds ratio: 0,60; p = 0,04 ).
I risultati di questo studio hanno indicato che l’impiego del Carvedilolo in presenza di blocco del sistema renina –angiotensina non influenza il controllo glicemico ed è in grado di migliorare alcuni componenti della sindrome metabolica, rispetto al Metoprololo, nei pazienti con diabete mellito ed ipertensione. ( Xagena2004 )
Bakris GL et al, JAMA 2004; 292: 2227-2236
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